1. Il 18 maggio del corrente anno, 2023, ricorrerà il 79° anniversario della vittoria alleata nella battaglia di Montecassino (gennaio-maggio 1944), miliare episodio nella marcia di liberazione della Penisola tuttavia non esente da varie critiche e contestazioni di natura strategico-militare e storica, riguardanti errori di valutazione da parte del Comando supremo alleato (si sarebbe potuto facilmente aggirare quel caposaldo della linea Gustav ; sottovalutazione da parte degli anglo-americani, e in particolare da parte di questi ultimi, in termini di uomini, mezzi e risorse da impegnare sul campo ; errori di intelligence nel ritenere che i tedeschi fossero attestati all’interno dell’Abbazia con la conseguente decisione di bombardarla con più di mille tonnellate di bombe che hanno ridotto ad un cumulo di macerie un sì insigne monumento storico ; ecc.…). Tuttavia, sul piano storico-militare si va affermando oggi la tesi che invero la battaglia ebbe un grande impatto sulla sorte della guerra in quanto trattenne e impegnò considerevoli truppe tedesche d’élite da altri teatri di guerra, segnatamente quello nord-occidentale, favorendo il successo dello sbarco in Normandia e facendo pesare sullo Stato Maggiore nemico, anche in termini psicologici, la pressione di una morsa a tenaglia da nord e da sud.
A parte tutte le considerazioni del caso che si potrebbero sviluppare se fosse qui il caso, e indubbiamente non lo è, resta pur sempre il fatto che quella fu una grande, epica battaglia che impegnò allo stremo le forze, il coraggio, l’abnegazione e l’eroismo di decine e decine di migliaia di uomini che, da una parte e dall’altra, compirono il loro dovere fino a immolarsi con un immane tributo di sangue di cui restano a testimonianza i cinque cimiteri militari (uno per ogni nazione che prese parte a quello scontro durissimo e nel solo cimitero tedesco si contano oltre ventimila croci), i quali, di per sé, dovrebbero rappresentare un monito perché la guerra possa divenire per gli uomini solo un lontano e sbiadito di ricordo.
Sotto la sovrintendenza del generale britannico Harold Alexander (1891-1969) combatté anche un contingente polacco del 2° Corpo d’armata, agli ordini del generale polacco WLADISLAW ANDERS (1892-1970), che ebbe un ruolo decisivo nella conquista del monastero in rovina che, dopo il bombardamento alleato, i tedeschi avevano trasformato in un agguerritissimo fortilizio. Il 18 maggio 1944 furono proprio i soldati polacchi a entrare per primi tra quelle rovine, piegando l’ultima, strenua resistenza nemica e a issare la bandiera bianca e vermiglia tra quelle rovine fumanti, scrivendo con ciò una pagina immortale di eroismo e di gloria.



Alla fine della grande battaglia tra gli Alleati si contarono ben 55.000 caduti. Forse ciò che più commuove oggi il visitatore di quei luoghi è l’iscrizione quadrilingue sull’obelisco eretto su un fianco della collina, a quota 593, che recita: “Per la vostra e la nostra libertà noi soldati polacchi demmo l’anima a Dio, i corpi alla terra d’Italia, alla Polonia i nostri cuori”. All’entrata del cimitero militare polacco si legge un’altra scritta, in lingua polacca, anch’essa molto toccante nella sua scarna semplicità: “O passante, annuncia alla Polonia che siamo caduti obbediente al suo servizio”. Il cimitero custodisce le tombe di 1051 soldati polacchi.

2. L’opera di HALINA SKROBAN, artista di orini polacche trasferitasi in Italia all’inizio degli anni Novanta, costituisce un degno, elevato omaggio in termini pittorici a un sì grande épos di eroismo e umanità. Il quadro (La battaglia di Montecassino, realizzato nel 2021) didimensioni e valore museale (120×100, olio su tela), riesce a fondere in una felice visione sincronica natura, cultura e storia : tutto si accentra attorno alla fatale collina che fu scenario della battaglia fino al momento finale rappresentato dalla bandiera bianca e rossa nastriforme piantata sulle macerie fumanti della Sacra Abbazia benedettina, bandiera che si srotola sino all’estremo margine sinistro della tela (rispetto al rimirante) con un movimento sinuoso impresso da quello che, con vaga reminiscenza benjaminiana, potremmo intendere come “il vento della Storia”.
Piantata sulle macerie abbaziali, con un preciso punto di origine dunque, l’onda di essa sembra come propagarsi ad infinitum, dispiegandosi oltre il luogo e il tempo, verso una virtuale Eternità inattingibile per i sensi naturali e per la comprensione umana comune, come se l’arte, l’autentica Arte, potesse riguardare e contemplare le cose e gli eventi sub specie aeternitatis. Superando la linea d’orizzonte degli eventi, quell’onda sembra giungere fino a noi e ai nostri giorni e oltrepassarli, verso, l’eterno.

A destra in alto si staglia monumentale il ritratto del generale comandante, con le sue medaglie, i nastrini e le decorazioni. Il volto, intelligente e fiero, esprime con il suo sguardo fermezza, determinazione e coraggio uniti ad un’affabile umanità ed esso sembra volgersi in direzione della sua giovane e bionda compagna di vita, la moglie Irena, il cui bellissimo ritratto è realizzato sul lato opposto. I due sembrano essere insieme separati e collegati dalla stessa altura dell’Abbazia, come essa rappresentasse un passaggio obbligato del destino.
Per inciso va pur sottolineato che nonostante HALINA prediliga ed elegga una trasfigurazione fantastica e poetica, talora persino onirizzante, delle vicende storiche e reali cui si accosta, si può rilevare altresì, come in questo caso esemplare, il lavoro di consultazione, effettuata a monte, di materiali, documenti e fonti iconografiche di archivio (foto, filmati, ritratti…).
Tornando all’opera, e in particolare al paesaggio, il cielo alle spalle del Generale, appare incendiato e fiammeggiante mentre sull’altro lato, quello opposto, si riconoscono le sagome delle fortezze volanti, i bombardieri pesanti alleati in formazione d’attacco sulla Sacra Abbazia. La costruzione dell’opera si sviluppa, da un punto di vista compositivo, in senso conico-piramidale, quasi a voler alludere ad un simulacro vulcanico: un’eruzione distruttiva che accomuna e quasi assimila la tragedia umana, fin troppo umana, della guerra alle forze telluriche, incontrollabili e sovrumane della natura. Stridente è il contrasto tra questa dimensione tragica e devastante e il preponderante predominio del verde collinare che rimanda a una dimensione pacificata e quasi idilliaca che sembra alludere a una palingenesi escatologica dopo la conflagratio-ekpyrosis, l’apocalisse prodotta dall’insania e della follia indotta dalle forze demòniche (se non persino demoniache) della guerra.

3. Come già si è detto dianzi, sul lato opposto rispetto al ritratto a mezzo busto del Generale, che torreggia sulla destra della tela rispetto al riguardante, HALINA ha realizzato uno splendido ritratto in tre quarti della moglie di Wladyslaw, IRENA ANDERS (1920-2010). Ella stringe un mazzo di papaveri rossi, rappresentazione che ha al tempo stesso una dimensione che si dispiega sul piano storico ed un’altra che travalica verso un piano profondamente simbolico. Va ricordato che il colle dell’Abbazia con la primavera si ricoprì di un rosso manto di papaveri, e quel rosso divenne il simbolo del sangue versato dai soldati polacchi in nome di quell’ardua impresa. IRENA recitava e cantava nel Teatro militare al séguito delle truppe e divenne famosa, e a tutt’oggi lo è, la canzone che fu composta ad hoc e che ella cantò in quell’occasione: Czerwone maki na Monte Cassino (“Papaveri rossi su Montecassino”). Il bouquet di Irena rimanda ai papaveri rappresentati in basso a sinistra e contribuendo, ancora una volta, a determinare un’immagine ambivalente di idilliaca e quasi paradisiaca ambientazione ma che, al tempo stesso rimanda all’inferno della durissima battaglia svoltasi. In basso si affaccendano soldati polacchi, anch’essi in divisa verde tattico, impegnati in attività varie, fra cui si distinguono, in basso a sinistra, gli addetti al soccorso medico-sanitario (oltre ai caduti si contarono ben 2931 feriti) e, sulla destra, in primo piano remoto, un trombettiere. Ma ciò che più attirerà l’attenzione del riguardante sarà molto probabilmente il plantigrado che si osserva su una rupe a mezza altezza nella zona sinistra della rappresentazione.

A prima vista potrebbe essere interpretato come uno di quegli elementi di natura onirico-fantastica che si riscontrano, quasi sempre, nelle opere di HALINA, e che testimoniano della formazione “chagalliana” dell’Artista. In realtà, anche se ella riesce comunque a imprimere nella rappresentazione un che di favoloso e fiabesco, si tratta di un riferimento storico a un orso in carne e ossa, divenuto tuttavia in qualche modo leggendario: l’orso bruno-soldato Wojtek (“il guerriero sorridente”; 1942-1963), arruolato nella 22ma Compagnia addetta al munizionamento e alla logistica per l’artiglieria.
Ricordiamo, infine, che il Monte della Sacra Abbazia, per loro esplicita volontà, è divenuta l’ultima dimora terrena dei due coniugi Anders.
4. Piace menzionare il fatto che HALINA ha avuto l’occasione e il grande onore di presentare quest’opera in esposizione al Santuario della Madonna del Divino Amore per la festa della Polonia Romana (6 maggio del corrente anno). In tale circostanza La battaglia di Montecassino è stata presentata all’Ambasciatrice della Polonia in Italia, Anna Maria Anders, figlia del Generale Wladyslaw e dell’amata Irena.
Roma, maggio 2023 Enzo D’Elea